Nell'ultimo post ho spiegato l'importanza del gioco come attività educativa. Ho pensato quindi che fosse il caso di spendere qualche riga per parlare di colui che per primo vide il gioco sotto un ottica differente rispetto a tutti gli altri.
I bambini greci giocavano all'interno della famiglia; le bambine con le bambole, mentre i maschietti si dedicavano in modo particolare alle attività sportive come la palla, il cerchio, l'arco, la corsa, la lotta o il tiro alla fune.
Tuttavia nei tempi antichi il gioco era visto come una perdita di tempo, un difetto infantile da reprimere. Era un'attività tenuta ai margini della vita sociale a cui veniva data poca importanza così come al bambino stesso che fino ai sette anni veniva considerato una figura marginale.
In questo periodo però emerse anche il pensiero di Platone. Il filosofo greco fu il primo ad evidenziare l'importanza del gioco all'interno della vita del bambino. Platone riteneva che il gioco fosse utilissimo per il bambino; in modo particolare le attività svolte in gruppo e che privileggiavano il movimento fisico. Insieme ad Aristotele, altro grande filosofo greco, era convinto che il bimbo mentre giocava esercitava e accresceva le capacità intelletive, il lessico, la socializzazione e l'emotività. Affermò anche che il gioco è talmente importante da essere considerato come il lavoro del bambino.
"Puoi scoprire di più riguardo a una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione." (Platone)